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Jiménez de Cisneros, Francisco.

(o Ximenez de Cisneros, Francisco). Cardinale e uomo politico spagnolo. Appartenente a una famiglia della piccola nobiltà, fu avviato alla carriera ecclesiastica e trascorse gli anni giovanili a Roma, impiegato nei tribunali ecclesiastici. Ritornato in Spagna nel 1465, entrò in urto con l'arcivescovo di Toledo e subì un periodo di detenzione. Nel 1484 entrò nell'Ordine francescano e nel 1492 divenne confessore della regina Isabella, carica che gli aprì la strada per diventare, tre anni dopo, arcivescovo di Toledo e primate di Spagna. Uomo di ardente zelo e dotato di eccezionale energia, univa in sé l'umiltà del francescano e la ferrea volontà dell'uomo di Stato, come dimostrò nell'opera di riforma di molti ordini religiosi e dello stesso clero secolare, intrapresa dopo che nel 1494 papa Alessandro VI aveva accordato ai sovrani Isabella e Ferdinando pieni poteri per attuare la riforma del clero in Spagna. Si segnalò per l'intensa opera di promozione della cultura, culminata nel 1498 con la fondazione dell'università di Alcalá de Henares, dove chiamò a insegnare i maggiori umanisti del tempo (anche Erasmo vi tenne alcune lezioni). Oltre all'introduzione dell'insegnamento della teologia e della filosofia di Duns Scoto, J. promosse lo studio del greco e delle lingue orientali per favorire i progressi degli studi biblici. In quest'ottica di rinnovamento egli si distinse anche per l'edizione monumentale della Bibbia Poliglotta Complutense (1520). Dopo la conquista del Regno arabo di Granada, tentò di accelerare il processo di cristianizzazione dei moriscos, adottando una politica intransigente di conversione forzata in massa che finì con il provocare la ribellione della popolazione musulmana (rivolta di Las Alpujarras, 1500-01). Ne seguì l'espulsione dal Regno di Granada dei musulmani di età superiore ai 14 anni che rifiutassero il Battesimo (1502). Nel settembre del 1506, morto Filippo di Castiglia, marito di Giovanna la Pazza, assunse la presidenza di un Consiglio di reggenza; contro una parte della nobiltà che sollecitava l'intervento dell'imperatore Massimiliano (padre del defunto Filippo), richiamò da Napoli Ferdinando d'Aragona perché riconducesse all'ordine i ribelli e assumesse l'amministrazione del Regno di Castiglia per conto della figlia Giovanna, inferma di mente. Come ricompensa, Ferdinando gli fece ottenere la porpora cardinalizia (1507) e la carica di grande inquisitore. Negli anni seguenti J. rimase uno dei più fedeli consiglieri del re e, nonostante l'età ormai avanzata, guidò personalmente la spedizione contro i musulmani dell'Africa del Nord, che nel 1508 portò alla conquista di Orano e successivamente di Tripoli e Algeri. Alla morte di Ferdinando nel 1516, assunse nuovamente la reggenza in attesa dell'arrivo del Carlo V dai Paesi Bassi e seppe sventare con decisione gli intrighi orditi dalla nobiltà contro il giovane sovrano (Torrelaguna, Toledo 1436 - Roa 1517).